COVID -19: IL VIRUS CHE ATTACCA E MANDA IN TILT ANCHE GLI EQUILIBRI DELL’ORDINAMENTO

COVID -19: IL VIRUS CHE ATTACCA E MANDA IN TILT ANCHE GLI EQUILIBRI DELL’ORDINAMENTO

La diffusione del virus e le prime reazioni istituzionali…

A causa della pandemia da Covid 19 che da qualche mese a questa parte ha interessato il nostro pianeta, tutti i governi nazionali hanno cercato in maniera più o meno affannosa di adottare misure di contenimento utili ad arginare gli attacchi dallo stesso indistintamente sferrati.

Le contromisure al virus sono state via via stringenti ed hanno costretto gli organi preposti ad imporre ai propri cittadini l’adozione di norme di prevenzione dettate dalla scienza medica.

Prima di entrare nel vivo della trattazione è opportuno sin da subito chiarire che il presente articolo non lambirà in modo alcuno il merito delle disposizioni sanitarie, se non altro per carenza di adeguate conoscenze tecniche del ramo scientifico di riferimento ma, tuttalpiù, si cercherà di analizzare alcune criticità formali e sostanziali che la legislazione emergenziale d’impulso ha verosimilmente generato nel dar seguito, e quindi valore precettivo, alle norme comportamentali di contenimento suggerite dagli esperti.

Il 30 gennaio 2020 l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato l’emergenza internazionale di salute pubblica da c.d. “ coronavirus”.

Il giorno successivo il Consiglio dei Ministri, preso atto della suddetta dichiarazione ha deliberato lo “stato di emergenza”.

Tutto taceva per quasi un mese e sino al 23 febbraio del 2020, giorno in cui con la pubblicazione del Decreto legge n. 6 (convertito in legge il 5 marzo 2020) il Governo ha dato il via ad una serie compulsiva, reiterata e contraddittoria di provvedimenti normativi di diversa forza e natura, scostandosi, agli effetti, da norme e principi fondanti del nostro ordinamento ( Costituzione, sistema delle “fonti del diritto”, principio di legalità e riserva di legge).

Ed invero la prima forzatura si ravvisa nell’adozione delle prime misure di contenimento attuate per il tramite del DPCM ( Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che, si badi, non costituisce una fonte di diritto autonoma), infatti, con tale strumento, formalmente e labilmente ancorato al D.L. n. 6/2020 (incredibilmente attributivo di pieni ed incondizionati poteri – c.d. clausola in bianco) sono state disciplinate una serie di materie disomogenee, con la previsione di diverse norme di comportamento attivo e passivo, indubbiamente lesive di molti diritti fondamentali.

Tralasciando in questa sede – per l’ampiezza di tempo che richiederebbe una compiuta trattazione – eventuali discussioni circa il bilanciamento dei diritti fondamentali oggetto di limitazione con il diritto alla salute, andiamo ora ad analizzare alcune disposizioni che hanno, da subito, destato dubbi di tenuta costituzionale e normativa a molti giuristi.

Fra queste ha certamente ed inevitabilmente fatto discutere il richiamo del D.L n. 6 del 2020 all’art. 650 c.p. “anche per le violazioni di eventuali ed ulteriori ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza”, adottabili ed adottati attraverso i Decreti Ministeriali.

Ed infatti tale disposizione ha, di fatto, esautorato il Parlamento della propria prerogativa costituzionale di decidere quali azioni od omissioni presidiare con sanzioni penali, con ciò ledendo inevitabilmente il principio di riserva di legge di cui all’art. 25 della nostra Carta Costituzionale.

A ben vedere siffatta operazione di “slittamento al ribasso della fonte normativa” ( attuata per glissare le macchinose ma democratiche aule parlamentari) si colloca, con effetto domino, su una scia già ampiamente tracciata negli anni dall’utilizzo smodato dello strumento del Decreto legge (in virtù dell’abuso della decretazione d’urgenza) in luogo della legge ordinaria, continuando con i DPCM in luogo del decreto legge, così innescando una pericolosa ed illegittima china scivolosa diretta verso  possibili derive di accentramento del potere.

Fatta questa doverosa premessa agli effetti, dunque, dal 23 febbraio 2020 al 25 marzo 2020 ( data in cui il Governo per rimediare ai propri errori ha emanato il Decreto legge n. 19 del 2020 ) si è assistito ad una robusta limitazione di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti e tutto ciò in forza di atti inidonei allo scopo quali i DPCM ( del 23 febbraio e ss) che per loro forza e natura non possono derogare, quanto al contenuto, né alla Costituzione, né alle leggi ordinarie sovraordinate specie se, come detto, emanati si in virtù di una copertura di facciata offerta da un atto avente forza di legge ma, di fatto, elise alla fonte proprio dalle caratteristiche del decreto legge di copertura, attributivo di ampi ed incondizionati poteri, tanto da potersi qualificare quale “disposizione in bianco”  inidonea a fornire degna copertura a disposizioni amministrative quali i DPCM (D.L. n. 6 del 2020).

Gli atti riparatori…

Tuttavia, come anticipato, il Governo, dopo aver percepito la forzatura costituzionale generata dall’onda emotiva di contrasto al virus è corso ai ripari emanando il D.L. n. 19 del 2020, certamente più articolato nella forma e nel contenuto e dunque più aderente alla Costituzione.

Con tale decreto, si è espressamente esclusa l’operatività dell’art. 650 in luogo di specifiche sanzioni di natura amministrativa ( da € 400 ad € 3.000) elevando la soglia del penalmente rilevante alle condotte di quei soggetti che, pur sapendo di essere positivi al virus e/o sottoposti alla quarantena trasgrediscano le medesime disposizioni di contenimento.

Va precisato che le novellate sanzioni amministrative si applicano, con effetti ex tunc – in luogo della pregressa sanzione penale anche ai numerosi soggetti già denunciati per violazione dell’art. 650 c.p. per essere stati colti a circolare senza alcun valido motivo prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 19 del 2020 ( 26.03.2020). , – il cui procedimento penale non avrà corso -.

Tale affievolimento repressivo se da un lato ha certamente il privilegio di alleggerire il carico di lavoro delle già intasate Procure della Repubblica ( anch’esse perplesse nella fase applicativa del D.L. n. 6 del 2020), dall’altro provocherà l’esodo dei trasgressori presso i Giudici di Pace, atteso che le sanzioni amministrative introdotte seguiranno le modalità previste dalla legge n. 689/1981.

Situazione ben diversa è quella che attiene ai positivi al Covid 19, i quali violando la quarantena continueranno ad essere perseguibili penalmente, come del resto penalmente sanzionabili restano una serie di condotte ( anche previste dalla normativa sanitaria) astrattamente configurabili nel caso in cui determinati soggetti pongano in essere condotte volontarie o colpose atte a diffondere l’epidemia ( 438 e 452 c.p.) o, come detto, semplicemente dalla violazione delle norme di contenimento poste in essere dal positivo, da cui possono in astratto scaturire una serie di violazione penali ( es. 452,582, 575 c.p. ecc).

Sui modelli di autocertificazione…

In conclusione un breve cenno meritano i modelli di autocertificazione prodotti dal Ministero al fine di permettere ai cittadini di giustificare i propri spostamenti.

In relazione a tale adempimento possono evidenziarsi diversi profili di criticità, anche queste colte ex post dal governo, via via impegnato ad un progressivo “aggiustamento del tiro” circa il contenuto delle stesse, in modo da renderle il più possibile legittime e sostanzialmente valide.

A ben vedere, tuttavia, anche l’ultima autocertificazione offerta, partorita a seguito di un lungo e tormentato travaglio, mostra delle evidenti crepe.

Ed invero, inappropriato pare il richiamo all’art. 495 del codice penale, posto a presidio della veridicità delle dichiarazioni offerte.

Infatti, come noto, l’ultimo modello proposto richiede una dichiarazione trasversale che va dalla propria identità al proprio stato, dalle proprie qualità allo stato di salute, dalla conoscenza delle normative di contenimento alle motivazioni dello spostamento.

Proprio l’ampiezza delle informazioni richieste rende la “coperta” della ventilata fattispecie di reato troppo corta per lo scopo.

Ed infatti l’ 495 c.p. recita testualmente “ Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito…” è evidente che per quel che qui interessa una eventuale falsità “spesa” dal cittadino circa il motivo dello spostamento ( es. dichiarare di dover fare la spesa ed in realtà fare un giro panoramico della città), anche in virtù del principio di stretta interpretazione vigente in materia penale, difficilmente potrebbe trovare accoglimento nell’alveo della predetta norma incriminatrice, non rientrando la mendacia sugli spostamenti nel concetto di identità, stato o altre qualità della persona che, rappresentano elementi costitutivi del reato.

Si è anche parlato, soprattutto nella fase di vigenza del D.L. n. 6 del 2020  – e dunque della possibilità di sanzionare ex art. 650 c.p. i trasgressori delle norme di contenimento -, dell’ulteriore possibilità di contestare a chi dichiara il falso circa i propri spostamenti anche l’ulteriore fattispecie prevista dall’art. 483 c.p. che testualmente recita “ Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito…”.

Tuttavia, ad avviso di chi scrive, tale possibilità va immediatamente esclusa per almeno due ordini di motivi.

In primo luogo pare operazione “azzardata” qualificare come “attestazione” penalmente valutabile la dichiarazione stessa, non potendosi ritenere finalizzata a provare la verità dei fatti esposti.

In secondo luogo, e sotto il diverso profilo del diritto di difesa, l’eventuale dichiarazione mendace resa dal cittadino circa i motivi dello spostamento, asserendo ad una pregressa condotta penalmente rilevante del dichiarante ( 650 c.p.), lungi dal configurare la paventata fattispecie criminosa rappresenterebbe, invece, una naturale, istintiva e primordiale espressione del fondamentale diritto di difesa riconosciuto dall’art. 24 Cost.

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